Autori: Claudia D’Ovidio, Marina Masone

  1. Premessa

La legge 221/2015 “Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali” dedica il Capo VIII alle disposizioni per garantire l’accesso universale all’acqua; in particolare, l’art.58 istituisce un fondo di garanzia delle opere idrauliche. Inoltre, la stessa legge prevedeva al Capo IV una serie di disposizioni, ora parzialmente abrogate, relative al Green Public Procurement, tra cui anche una serie di misure relative alle forniture di servizi.

In data 18 aprile 2016 è stato emanato il Decreto Legislativo n. 50 “Attuazione delle direttive 2014/23/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”. Tale Decreto, per brevità citato come nuovo codice degli appalti, ha abrogato il precedente Decreto Legislativo 163/2006, sempre in materia di appalti, ed ha anche abrogato gli art. 16, 18 e 19 della legge 221/2015 in materia di Green Public Procurement.

Il nuovo codice appalti dedica ampio spazio al settore del servizio idrico. Infatti, ferme restando le esclusioni specifiche relative alle concessioni previste all’articolo 12, per quanto riguarda l’acqua, il nuovo codice trova applicazione nelle attività di messa a disposizione e/o di gestione di reti fisse destinate alla fornitura di un servizio al pubblico, in connessione con la produzione, il trasporto o la distribuzione di acqua potabile e all’alimentazione di tali reti con acqua potabile.

Il nuovo codice appalti si applica anche agli appalti o ai concorsi di progettazione attribuiti od organizzati dagli enti aggiudicatori che esercitano le suddette attività e che riguardino:

  1. a) progetti di ingegneria idraulica, irrigazione o drenaggio, in cui il volume d’acqua destinato all’alimentazione con acqua potabile rappresenti più del 20 % del volume totale d’acqua reso disponibile da tali progetti o impianti di irrigazione o di drenaggio;
  2. b) smaltimento o trattamento delle acque reflue.

In considerazione della grande attenzione dedicata, quindi, al settore dei servizi idrici, si ritiene utile fare alcune riflessioni sulle principali novità introdotte dal nuovo codice appalti.

 

  1. Le principali novità del nuovo codice appalti

Il nuovo codice appalti ha apportato una serie di modifiche innovative rispetto alle prescrizioni precedenti, ed in particolare, rispetto al precedente Decreto Legislativo 163/2006.

Tra le novità più rilevanti rientrano quelle che riguardano:

  • Aggregazioni e centralizzazione delle committenze
  • Qualificazione ANAC
  • Comuni non capoluogo

L’art. 37 del nuovo codice prevede un nuovo sistema di centralizzazione delle stazioni appaltanti; tale scelta nasce dall’esigenza di ridurre il numero di stazioni appaltanti ad oggi operative in Italia, il cui numero supera le 30.000 unità. L’obiettivo è di valorizzare le centrali ed i soggetti aggregatori e pervenire ad una sostanziale riduzione sia del numero delle stazioni appaltanti che delle procedure autonome. Inoltre, in base all’art. 38, le stazioni appaltanti devono essere qualificate secondo criteri e procedure stabilite dall’ANAC e basati su qualità, efficienza e professionalità.  Rimane in vigore la possibilità, anche per le stazioni appaltanti non qualificate, di procedere direttamente e autonomamente all’acquisizione di forniture e servizi di importo inferiore a 40.000 euro e di lavori di importo inferiore a 150.000 euro, fatta salva la facoltà di effettuare ordini a valere su strumenti di acquisto messi a disposizione dalle centrali di committenza. Le stazioni appaltanti non qualificate possono procedere all’acquisizione di forniture, servizi e lavori ricorrendo a una centrale di committenza ovvero mediante aggregazione con una o più stazioni appaltanti aventi la necessaria qualifica.  Come si è accennato, il combinato disposto degli artt. 37 e 38 prevede che per effettuare procedure di importo superiore alle soglie indicate, le stazioni appaltanti devono essere in possesso della necessaria qualificazione. Infatti, per gli acquisti di forniture e servizi di importo superiore a 40.000 euro e inferiore alla soglia comunitaria, nonché per gli acquisti di lavori di manutenzione ordinaria d’importo superiore a 150.000 euro ed inferiore a 1 milione di euro, le stazioni appaltanti, in possesso della necessaria qualificazione, possono procedere mediante ricorso autonomo agli strumenti telematici di negoziazione messi a disposizione dalle centrali di committenza qualificate secondo la normativa vigente.  Sempre in materia di qualificazione, che deve essere conseguita in rapporto alla tipologia e complessità del contratto e per fasce d’importo, l’art. 38 prevede che sia istituito presso l’ANAC un apposito elenco delle stazioni appaltanti qualificate, di cui fanno parte anche le centrali di committenza.  In tale elenco sono iscritti di diritto: il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, CONSIP S.p.A., i soggetti aggregatori e le città metropolitane.

La qualificazione ha come oggetto il complesso delle attività che caratterizzano il processo di acquisizione di un bene, servizio o lavoro in relazione a vari ambiti, che comprendono: capacità di programmazione e progettazione,  capacità di affidamento, di esecuzione e di controllo.

L’art. 38 stabilisce anche i compiti attribuiti all’ANAC che è chiamata a stabilire le modalità attuative del sistema di qualificazione, assegnando alle stazioni appaltanti un termine congruo per porre in essere effettivi processi di riorganizzazione e professionalizzazione al fine di dotarsi dei requisiti necessari alla qualificazione.  All’ANAC spetta anche il compito di stabilire modalità diversificate che tengano conto delle peculiarità dei soggetti privati che richiedano la qualificazione e di valutare i casi in cui può essere disposta la qualificazione con riserva, finalizzata a consentire alla stazione appaltante di acquisire la capacità tecnica ed organizzativa richiesta.

L’art. 37 del nuovo codice disciplina anche gli ambiti territoriali di riferimento; infatti è previsto che entro sei mesi dall’entrata in vigore del nuovo codice, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata, siano individuati gli ambiti territoriali di riferimento, in applicazione dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, e stabiliti i criteri e le modalità per la costituzione delle centrali di committenza in forma di aggregazione di comuni non capoluogo di provincia. In caso di concessione di servizi pubblici locali di interesse economico generale di rete, l’ambito di competenza della centrale di committenza coincide con l’ambito territoriale di riferimento (ATO), individuato ai sensi della normativa di settore.

Con l’entrata in vigore del nuovo codice alcune cose cambiano anche per i comuni non capoluogo: l’art. 37, comma 4, prevede che se la stazione appaltante è un comune non capoluogo di provincia, resta in vigore  l’autonomia per importi inferiori a 40.000 euro per servizi/forniture e 150.000 euro per lavori. Per tali comuni resta anche in vigore la possibilità di effettuare ordini a valere su “strumenti di acquisto” messi a disposizione dalle centrali di committenza.  In sintesi, i comuni che non siano capoluoghi di provincia dovranno procedere secondo una delle seguenti modalità:

  1. a) ricorrendo ad una centrale di committenza o a soggetti aggregatori “qualificati”;
    b) mediante unioni di comuni costituite e qualificate come centrali di committenza, ovvero associandosi o consorziandosi in centrali di committenza nelle forme previste dall’ordinamento;
    c) ricorrendo alla stazione unica appaltante costituita presso gli enti di area vasta ai sensi della legge 7 aprile 2014, n. 56. Nelle more dell’entrata in vigore del sistema di qualificazione, sono sostanzialmente consentiti gli stessi strumenti già previsti dall’abrogato art. 33, comma 3-bis, d.lgs. 163/2006: unioni, accordi consortili, ricorso alle centrali di committenza.

 

  1. Considerazioni finali

Il nuovo codice degli appalti ha apportato una serie di modifiche innovative che vanno nella direzione dell’auspicato riordino di questa complessa materia ed in particolare nella direzione della semplificazione, dello snellimento dei procedimenti e dell’anticorruzione. Tuttavia, non ci si può esimere dal fare alcune considerazioni riguardanti le difficoltà applicative, specialmente per le pubbliche amministrazioni; tali difficoltà, infatti, causano una forte riduzione della pubblicazione dei bandi in attesa che si faccia chiarezza sull’applicazione delle relative norme. Altre difficoltà si riscontrano anche per le stazioni appaltanti a causa delle significative innovazioni apportate dal nuovo codice. Inoltre, va anche ricordato che il percorso di riforma non è ancora completato; infatti, devono ancora essere emanati alcuni decreti attuativi e le linee guida ANAC.

L’Art. 37, pur nell’intento di addivenire ad uno snellimento e ad un risparmio, comporta delle difficoltà per quanto riguarda le aggregazioni delle stazioni appaltanti e l’obbligo di avvalersi delle centrali di committenza. L’auspicio è, quindi, che nel prossimo futuro siano emanati i necessari decreti attuativi e le norme necessarie a rendere facilmente perseguibili ed efficaci gli obiettivi del nuovo codice appalti.

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