Autore: Catello Masullo

Il collasso di 200 metri di Lungarno a Firenze ha fatto rapidamente il giro del mondo. Potentissima metafora dello stato di degrado e di deriva del nostro paese. Qualcuno ha anche detto che nella voragine siano state ritrovate, oltre alle automobili inghiottite, delle penne di gufo… Sono in corso indagini e perizie. Ma dalla valanga di inchiostro che è stata riversata sui giornali, appare chiaro che l’acqua fuoriuscita copiosamente e vorticosamente dalla rottura di un grande tubo che trasporta acqua potabile, del diametro di 700 mm, ha scavato, portato via il terreno sul quale poggiava la strada. Che non avendo più fondazione è ovviamente crollata. E’ partita subito la caccia al colpevole. Sono volate le solite dichiarazioni roboanti quanto minacciose: “qualcuno dovrà pagare!” (tradotto: “qualche testa dovrà saltare”).
E non è mancata la puntuale strumentalizzazione partitica di chi ha chiesto le dimissioni del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che di Firenze è stato sindaco per anni, come è noto. Al solito, sul tema si esercitano le migliori penne del giornalismo. Si riportano i pareri degli esperti. Come (quasi) sempre i giornalisti si rivolgono ai geologi (vedi gli articoli di Paolo Conti e di Marco Gasperetti sul Corriere della Sera del 26 maggio, a pagina 6). Mai che a qualcuno venga in mente di chiamare un ingegnere idraulico, quando si tratta di acqua. Lo avessero fatto, la spiegazione sarebbe stata immediata e semplice. I “numeri” dicono tutto. I numeri, si sa, sono l’ossessione degli ingegneri. Ma se venissero tenuti in conto anche da chi ingegnere non è, ma che magari ha responsabilità nelle scelte e nei provvedimenti, si eviterebbero molti di questi disastri e tanti altri. Cosa dicono i numeri? Dicono che in tutto l’occidente avanzato per la manutenzione delle reti idriche si spende in media 80 euro per abitante e per anno. Con punte nelle solite eccellenze dei paesi del nord Europa di 100 ed anche di 120 euro. Cosa avviene invece in Italia? Se ne spendono meno di 30 euro per abitante /anno. E’ quindi di patente evidenza che le nostre reti idriche, realizzate fino ad alcuni decenni orsono con gli interventi statali e con fondi derivanti dalla fiscalità generale, sono tutte in via di collasso. Se continuiamo nella politica folle di sottospesa come oggi, aspettiamoci molti altri di questi disastri. E’ matematico. La condotta che si è rotta a Firenze aveva un’età che superava di una volta e mezza la vita normale di esercizio per cui era stata progettata. Ci si dovrebbe quindi meravigliare del fatto che non sia collassata prima, non del contrario. Ma i segnali e le prospettive sono pessimi. Contro la evidenza dei numeri si schierano infatti gli “ideologismi”. Come quelli della cosiddetta “acqua pubblica”. Ma possibile che nessuno abbia mai fatto una operazione di verità, facendo notare che l’acqua era “pubblica” per legge sia prima che dopo il famoso referendum? Quest’ultimo, con il voto di “pancia”, ha solo ottenuto il “geniale” risultato che nessuno più ha intenzione di fare investimenti nella manutenzione e rinnovo delle reti idriche, dato che si è affermato che il capitale investito non deve essere remunerato. Un po’ come se chi chiede un mutuo in banca per comprarsi la casa pretendesse che la banca non gli faccia pagare gli interessi (sigh!). In definitiva, o recuperiamo rapidamente gli standard di spesa che ci sono in tutto il mondo civile, oppure a questo mondo civile possiamo dare un lungo e sommesso addio.

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