Autore: Catello Masullo

Periodicamente l’opinione pubblica è scossa dalle vittime delle catastrofi idrogeologiche. Come (quasi) sempre i media parlano di eccezionalità degli eventi meteorologici. Sempre più spesso si usano locuzioni e neologisimi come  “bomba d’acqua”, “tropicalizzazione del clima”, “cambiamenti climatici”, “piogge mai viste prima”, “dissesto idrogeologico”,  e simili.

Ogni volta, puntualmente, da una parte ci si strappano le vesti e si piangono i morti e si fanno proclami della serie “mai più!”, dall’altra si cade dalle nuvole, della serie “nessuno poteva prevederlo, “evento senza precedenti”, “tragica fatalità”, “inarrestabile furia degli elementi”, e così via cantilenando.

Che il territorio italiano sia particolarmente fragile è testimoniato dal fatto che il 68% circa delle frane in Europa avvengono nel nostro paese. Siamo una “frana” nella prevenzione. In compenso siamo degli assi negli interventi in emergenza ex-post. Abbiamo sviluppato la migliore protezione civile del mondo. E tutti imparano da noi.  Ma tutto questo non è particolarmente efficiente. Perché, come numerosi studi scientifici dimostrano, spendiamo somme spropositare per riparare i danni post-evento, che si sarebbero potute evitare ove si fossero spese somme di gran lunga inferiori in prevenzione (anche di 10 o 15 volte).

Lo dice anche la saggezza popolare : “prevenire è meglio che curare”.

Ma la politica non ci sente da questo orecchio. I soldi spesi in interventi eseguiti in sperduti anfratti, letti di torrenti, versanti di colline e montagne, non si vedono e quindi non portano voti. I soldi spesi in emergenza post catastrofe, per riparazione di drammatici danni e risarcimenti a danneggiati, invece hanno un grande impatto mediatico. E quindi portano voti. Sarà cinica, e forse anche un po’ grossolana, come analisi, ma se fate due più due, vi accorgerete che non siamo troppo lontani dalla realtà. E’ il dissesto ideologico, la maggiore causa del dissesto idrogeologico.

La maggior parte dei disastri, sono disastri annunciati. E spesso si ripetono nelle stesse aree geografiche. Basta dare un’occhiata alle liste delle alluvioni ed inondazioni (si veda la appendice alla fine di questo articolo, tratta dalla sempre ben informata Wikipedia). Ci sono ad esempio zone come quelle della Liguria e della Campania meridionale ove periodicamente si contano i morti. E non è casuale. Provate a prendere una cartina del mediterraneo. Con un righello tracciate delle linee che vanno dallo stretto di Gibilterra all’Italia. Le linee di mare più lunghe, senza che siano interrotte da isole o coste, sono quelle che puntano a nord in Liguria ed a sud sulla Campania meridionale. Queste linee vengono chiamate dagli ingegneri con il termine “fetch”. E non sono altro che corridoi sul mare aperto dove più a lungo possono svilupparsi venti senza che siano interrotti da qualche ostacolo. E possono quindi caricare l’aria di grande umidità presa dal mare. E generare le più potenti perturbazioni atmosferiche. Che sono la causa delle più grandi alluvioni. Ed ecco che periodicamente si verificano eventi importanti nelle zona di Genova e  della penisola Sorrentina e relativo entroterra (disastri di Sarno, Quindici, Castellammare di Stabia, ecc.).

Il 4 novembre del 2011 a Genova cadono quasi 500 mm di pioggia in 5 ore. Esondano i fiumi ed i torrenti che esondano sempre in queste occasioni, Bisagno, Fereggiano, Sturla e Scrivia. Si è , al solito, parlato di evento mai accaduto prima. Ma non è così. Il 4 ottobre dell’anno prima, la quantità di pioggia era stata praticamente la stessa. Ed alluvioni gravi ci sono state in precedenza a Genova nel ’93, nel ’92 e nel ‘70 (quando i mm di pioggia furono addirittura più di 900). I danni ed i lutti a seguito di alluvioni non sono però sempre gli stessi. Molto dipende da quello che fa e da quello che non fa l’uomo. Enormi straripamenti di fiumi nel passato più o meno recente non hanno provocato gli stessi danni e lo stesso numero di perdite di vite umane degli ultimi tempi. Semplicemente perché la aree interessate dalle esondazioni non avevano insediamenti abitativi. Negli ultimi decenni le urbanizzazioni sono state, in alcuni casi,  davvero dissennate e criminali. I cosiddetti “pianificatori” urbanistici dalla licenza edilizia facile hanno dimostrato di avere la memoria sempre cortissima. Ed hanno consentito di costruire in aree dove si sapeva benissimo che prima o poi sarebbero arrivate le acque straripate. Non tutti sanno, ad esempio, che una alluvione del fiume Arno, farebbe oggi molti più danni di quella famosissima del 1966, che è stata immortalata dai tg di tutto il mondo. Perché sulle sponde del fiume, subito dopo l’evento disastroso, si è costruito moltissimo. Ci fu una vera e propria corsa alla licenza edilizia da parte di tutti gli enti territoriali competenti, per arrivare prima dei divieti di edificazione che di lì a poco la benemerita Commissione De Marchi (dal nome del grande ingegnere idraulico che la guidava) avrebbe istituito.

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