Autore: Giuseppe Frega, Emerito di Costruzioni Idrauliche all’Università della Calabria

Ci sono degli schemi mentali dell’uomo che si trovano a dover stabilire l’opportunità di considerare la qualità insieme alla quantificazione delle cose.

Un caso tipico è quello del cosiddetto tempo di ritorno degli eventi, perlopiù riferito a catastrofi alluvionali o sismiche. Come è noto, in base ad un valore massimo stabilito il tempo di ritorno di tale valore massimo è definito dal numero di anni in cui mediamente il valore massimo è superato una sola volta. Con riferimento ad una data distribuzione probabilistica esso può essere quantitativamente misurato.

Ne sentiamo parlare, talvolta a vanvera, da chi si occupa di stabilire l’ambiguo concetto di imprevedibilità di un evento catastrofico che ho sentito paragonare anche ad un imprecisato “act of God”.

In quest’ordine di idee va precisato che l’evento futuro non si presenterà a intervalli regolari o quasi regolari del suddetto tempo; si può solo affermare che, calcolato su una durata infinita, l’intervallo medio probabile fra due eventi di un’importanza predeterminata, è pari al tempo di ritorno. Indicato con T il valore del tempo di ritorno si può ricavare anche il valore della probabilità che l’evento temuto venga superato.
Peraltro poiché T è il numero medio di anni nel corso dei quali l’evento catastrofico sarà raggiunto o superato, nulla ci permette di stabilire di quanto e quante volte questo evento potrà essere superato in un periodo di T anni consecutivi arbitrariamente scelto nella serie dei tempi.
L’uso della nozione tempo di ritorno pertanto porta a ritenere importante un atteggiamento di sana cautela.

Siamo arrivati quindi ad una valutazione a valle di una formulazione matematica che avrebbe dovuto lasciarci oggettivamente tranquilli ma che tuttavia ci impone qualche ulteriore riflessione.

Emerge infatti la necessità di indagare sulla natura stessa del concetto di tempo. Esso, infatti, è legato sia alla qualità che alla misura (quantità) dei fenomeni.

E. Husserl, in un ciclo di lezioni sulla coscienza interna del tempo, considerò insuperate le riflessioni del libro XI delle “Confessioni” di S. Agostino. Circa il tentativo di definire esattamente la natura del tempo quest’ultimo dichiarava: “Si nemo a me quaerat, scio, si quaerenti explicare velim, nescio”.

Per Aristotele, nel IV libro della FISICA, la stessa quantificazione del tempo è un procedimento convenzionale e soggettivo, così come è soggettiva la sua misurazione.

Per S. Agostino solo l’eternità è perenne stabilità mentre il tempo è “passaggio di molte brevi durate”.

L’enigma allora è: “la natura del tempo è puramente ideale e soggettiva oppure oggettiva?”

Sempre S. Agostino risponde che il tempo è una facoltà del soggetto, una sua proprietà mentale, impiegata per sistemare la visione della realtà nella sua apparenza fenomenica.

Il tempo oggettivo della scienza purtroppo non ha né un futuro né un passato perché il passato ha bisogno di una memoria soggettiva che ricollega gli eventi accaduti che non sono più e il futuro è ignoto.

Sulla scia di S. Agostino e di Kant che fa puntuali riferimenti alle argomentazioni del primo, in presenza peraltro delle persistenti incertezze della scienza, si può ritenere che il tempo abbia una natura soggettiva.

Questo vero e proprio schema mentale per il modo di concepirlo, ma non nella sua essenza, è correlato alla evoluzione biologica e socio-culturale dell’uomo. Einstein, l’uomo che ha genialmente demolito l’atavica idea del tempo assoluto, nell’incipit del suo libro “The Meaning of Relativity” si sofferma a considerare: “Le esperienze individuali ci appaiono organizzate in modo tale che i singoli eventi che si è in grado di ricordare sembrano ordinati secondo il criterio del ‘prima’ e del ‘dopo’, criterio che non può essere analizzato ulteriormente. Per ogni individuo esiste quindi un tempo personale o soggettivo, che non è di per sé misurabile”.

La scienza sta contribuendo enormemente a chiarire come il tempo è. Tutt’altra questione è perché esso è.

E per quanto riguarda il tempo di ritorno di cui innanzi, basta la semplice considerazione che il suo valore dipende dalla distribuzione probabilistica prescelta per concludere sulla sua soggettività.

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