Autore: Luca Fornari
Presidente dell’Associazione Isola Tiberina

Con l’abbattimento alla fine dell’800 degli edifici e palazzi che per secoli si erano affacciati sul Tevere – racchiudendo il suo corso tra alti muraglioni di travertino e, in tal modo, scorporandolo dopo millenni dal tessuto vivo della Città – per il fiume di Roma è venuto improvvisamente meno il suo essere via di mediazione verso la terraferma e viceversa.

Nel nome della modernità è stato eliminato il pathos che gli conferivano gli approdi storici che ne punteggiavano il tragitto, in primis i Porti di Ripetta e di Ripa Grande, eliminando de facto il Tevere come fattore propulsivo dell’economia dell’Urbe.

Le strade interrotte degradanti verso il fiume, di cui ancora oggi si intravedono romantiche vestigia, e i giardini scomparsi dei palazzi patrizi per lasciar posto ai lungoteveri, hanno cancellato oramai quel rapporto umano diretto, pubblico ma intimo, città-fiume-città, trasformando il Tevere di Roma in una realtà del tutto residuale.

Un non-senso storico e culturale se si riflette che senza il Pater Tiberinus non ci sarebbe stata Roma, o almeno la Roma che la storia ci ha tramandato.

La sera del 21 Aprile us qualcosa di inaspettato e, in un certo senso, rivoluzionario è accaduto: per la prima volta dopo oltre 80 anni, il Tevere è ritornato ad essere interazione culturale con l’Urbe e i suoi cittadini grazie ad un’Americana visionaria e determinata nonché un artista Sud-Africano straordinario ed immaginifico. Dopo 15 anni (!) di promesse disattese e d’incontri frustranti ed inconcludenti col magma delle lobbies romane, Kristin Jones è riuscita a superare pastoie ed ostacoli burocratici convincendo Ministeri, Regione e Comune ad autorizzare la realizzazione di uno dei suoi bellissimi sogni liquidi: lo spettacolo Triumphs-and-Laments immaginato e poi disegnato sui Muraglioni tiberini da William Kentridge.

Dei 3-4 mila attesi, sono stati oltre 15 mila i presenti alle 3 sessioni svoltesi tra i Ponti Sisto e Mazzini, tributando all’evento un’interminabile ovazione riverberatasi ben oltre gli argini!

La novità culturale in un luogo scenico al Centro di Roma fin ora sostanzialmente vuoto e privo di un qualsiasi fascino, il successo dell’evento recepito con entusiasmo dai presenti – straordinario il numero dei like sui social media – e l’accorgersi che è possibile scoprire e vivere il bello anche vicino a te, hanno fatto rinascere il desiderio della cittadinanza a riappropriarsi del mito, del rapporto profondo, esistenziale, che intercorre tra Città e il suo Fiume.

Per prendere al volo questo momento magico, cogliere l’attimo in cui i romani si sono infine affacciati sugli spalti e hanno visto che c’è vita e bellezza laggiù, l’Isola Tiberina rappresenta il luogo naturale dove ricostruire quel legame interrotto oramai da più di un secolo.

Nell’immaginario collettivo l’Isola Tiberina rappresenta il luogo dove 200 mila persone sono nate negli ultimi 50 anni: quasi nulla invece i romani sanno dei suoi miti fondatori, delle leggende antiche e delle sue simbologie sociali e religiose nonché dei suoi templi, Esculapio e Giove Giurario, dove la loro imponenza è ora nascosta sotto la Basilica di S. Bartolomeo e l’Ospedale del Fatebenefratelli. Pochi poi conoscono la presenza sull’Isola, con la sua storia affascinante, dell’unica sinagoga rimasta segretamente in funzione a Roma anche durante i momenti più bui della guerra nonché dell’Ossario dell’Ordine dei Sacconi Rossi, dove ancora oggi si possono osservare i resti secolari ricomposti degli annegati del nostro Fiume.

E pensare che ogni anno transitano sull’Isola oltre un milione e mezzo di passanti e turisti percorrendo i 2 ponti di cui il Fabricio, costruito nel 62 ac, è il più antico del mondo con la struttura originale: solo una frazione irrilevante di essi vi si trattiene per visitare la Basilica costruita sui resti del Tempio di Esculapio o per godere appieno dalla banchina fluviale prospettive monumentali uniche o il volo degli aironi cinerini e dei cormorani che hanno nidificato alla base del Ponte Rotto.

Vivere uno spazio vuol dire che tutti possono accedervi senza limiti tutto l’anno, dai bambini in carrozzella ai portatori di handicap. In genere le banchine del nostro Fiume non sono per loro accessibili: e questo ostacolo vale anche per l’Isola Tiberina la cui unica possibilità di andare a fiume è un’angusta e nascosta scaletta che si affaccia sulle ampie banchine – circa 15 mila metri quadrati – su cui vengono poi giocate partite di calcio, si organizzano concorsi di ballo, si danno appuntamento gli appassionati di skateboard e, durante l’Estate Romana, lasciano spazio all’Isola del Cinema.

Con il prolungamento fino alla sottostante banchina fluviale della rampa che affianca Piazza di S. Bartolomeo, il Centro di Roma guadagnerebbe uno spazio pubblico multi-uso permanente unico e straordinario.

E con l’accesso alle banchine l’Isola Tiberina, e con lei il Fiume, rivivrebbero le attività culturali, ludiche e turistiche già parte della loro storia antica.

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