Autore: Fabrizio Civetta

Il nostro Paese, come noto, ha oltre 8000 km di coste che si affacciano sul Mediterraneo, che costituiscono una grande ricchezza ambientale e paesaggistica. In Italia le aree marine protette, considerate tra le più belle del mondo, sono 27 oltre a 2 parchi sommersi che tutelano complessivamente circa 228 mila ettari di mare e circa 700 chilometri di costa.

Purtroppo, però, il mare è troppo spesso associato al solo turismo balneare e/o alla navigazione, dimenticando che esso è, soprattutto, l’ambiente naturale ove si trovano insediamenti di specie floro-faunistiche tipicamente mediterranee che costituiscono un patrimonio di enorme valenza dal punto di vista naturalistico che, in quanto tale, deve essere salvaguardato nella sua integrità.

Le attività antropiche, che per decenni sono state condotte senza una reale attenzione all’ambiente e senza criteri di eco sostenibilità, hanno seriamente compromesso la qualità ambientale delle nostre acque, sia interne che marine, rischiando di danneggiare irreparabilmente la biodiversità presente nei nostri mari; ma a volte la natura riesce essa stessa ad autotutelarsi o, comunque, a reagire alle perturbazioni causate dall’uomo, smentendo persino le previsioni dei modelli basati sulla chimica e sulla fisica che governano le dinamiche ambientali.

Una prova di questo, la natura ce la fornisce proprio in una delle aree più pesantemente deturpata dall’uomo, in uno dei posti più inquinati d’Europa: la foce del Fiume Sarno. Il bacino del Fiume Sarno si trova in Campania, dove sorge dai Monti Picentini ed è purtroppo famoso per essere il corso d’acqua perenne più inquinato d’Europa, nonostante la sua lunghezza sia limitata a soli 24 km suddivisi tra le province di Avellino per 4 km, Salerno per 18 km e Napoli per 16 km .

Durante il suo percorso il Sarno, in antichità navigabile, incontra molte industrie e l’aumento dell’inquinamento durante il ventesimo secolo è dovuto a tre cause principali:

  1. Agricola, perché in questo settore si fa spesso uso di pesticidi chimici per la protezione e lo sviluppo delle colture;
  2. Industriale, perché lungo il bacino del Sarno ci sono diverse industrie specialmente concerie, che producono pellie cuoio, conserviere, che trasformano gli alimenti freschi in prodotti a più lunga conservazione, oltre ad altri tipi di insediamenti industriali. A causa degli sversamenti, troppo spesso incontrollati, di queste industrie sia direttamente nel Sarno, sia nei suoi affluenti, il fiume ha aumentato a dismisura il tasso di inquinamento diventando non soltanto pericoloso per la salute ma anche un fiume morto perchè quasi tutti gli esseri viventi che abitavano il fiume si sono estinti. Addirittura in certi momenti dell’anno, in alcune zone, il fiume si colora di rosso a causa dei rifiuti della produzione dei pomodori San Marzano, prendendo il nome di “Rio Pomodoro”;
  3. Urbana, per lo sversamento di reflui non depurati nelle acque del Sarno. Le acque reflue sono ricche di inquinanti sia organici che inorganici e non possono (o meglio non dovrebbero!) essere reimmesse nell’ambiente perché questo, nonostante la propria capacità auto-depurativa, non è in grado di sostenere una quantità così elevata di sostanze inquinanti.
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