Bari 11 ottobre 2017
“Per adeguare fino in fondo l’organizzazione del servizio idrico del Mezzogiorno alla normativa nazionale abbiamo messo risorse pubbliche importanti”; questo “perché a fianco alle entrate tariffarie dobbiamo anche prevedere quando è necessario – e nel Mezzogiorno è necessario – l’intervento di fondi pubblici a sostegno degli investimenti”. Così il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno Claudio De Vincenti nell’ultima giornata del Festival dell’Acqua 2017 – la manifestazione organizzata da Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua energia e ambiente) in collaborazione con Acquedotto pugliese (Aqp).

“Il problema – spiega De Vincenti nel suo lungo intervento video al Festival – è che per motivi diversi da Regione a Regione l’organizzazione del servizio idrico nel Mezzogiorno non è pienamente adeguata alla normativa nazionale”. Ci sono “dei problemi difficili da risolvere nel settore idrico e abbiamo degli indicatori che ce lo segnalano: prima di tutto la percentuale delle perdite lungo le reti che nel Mezzogiorno raggiunge il 43% dell’acqua. Questo segnala un uso non efficiente, e non tutelante, della risorsa. Con i Patti per il Sud – aggiunge il ministro – abbiamo stanziato risorse importanti e con le Regioni stiamo ragionando per gli investimenti sul territorio; abbiamo fatto il piano Dighe del ministero delle Infrastrutture, fondamentale per gestire al meglio l’approvvigionamento della risorsa. Possiamo fare dei passi avanti importanti. Ci vuole l’impegno di tutti. La convinzione di tutti – conclude – che questo settore così rilevante deve diventare un settore moderno e avanzato”.

Secondo il rapporto 2017 ‘Le risorse idriche nell’ambito della circular economy’  presentato da SRM (Studi Ricerche Mezzogiorno) – “l’estate 2017 ha evidenziato la necessità di interventi urgenti in un settore che da tempo reclama un nuovo approccio gestionale e infrastrutturale. In prospettiva, i cambiamenti climatici aggraveranno ulteriormente le problematiche di carenza idrica e siccità; le previsioni al 2040 indicano per l’Italia una situazione di stress alto. La European Environment Agency (EEA) stima per il nostro Paese un indicatore di sfruttamento idrico (WEI) pari al 24%, fra i più elevati nel contesto europeo. L’Italia è in quarta posizione dopo Cipro, che registra un WEI pari al 64%, Belgio (32%) e Spagna (30%)”.

Il report offre un quadro della situazione ‘acqua’ nel nostro Paese: “il consumo medio per abitante è di 241 litri annui, l’Italia con questo dato si conferma al primo posto in Europa per consumo d’acqua pro-capite. Il consumo medio pro-capite in Nord Europa è di 180-190 litri”. Il Mezzogiorno “risulta decisamente in situazione critica a causa di una minore disponibilità naturale, di una elevata concentrazione delle precipitazioni in alcuni periodi dell’anno e di una conformazione idrogeologica del tutto particolare. Si continua a sprecare tanta acqua: i capoluoghi di provincia localizzati nel Mezzogiorno realizzano complessivamente una perdita del 47%, che si confronta con il 34% del Centro-Nord. Se a livello nazionale nel 2016 il 9,4% delle famiglie ha lamentato irregolarità nell’erogazione dell’acqua, in Calabria e in Sicilia il giudizio sul servizio idrico è negativo per una famiglia su tre. Inoltre 816 delle 1.166 procedure di infrazione per il servizio di depurazione ha riguardato Comuni del Sud. Una relazione sostenibile tra la gestione dei reflui e la qualità delle acque marine è una delle chiavi del successo dello sviluppo turistico nelle zone marittime”. Dall’analisi del sistema infrastrutturale emerge che “dei 5 miliardi anno necessari per il settore idrico più del 35% si dovrebbe concentrare nel Mezzogiorno con un impatto significativo sullo sviluppo economico, stimato pari ad una crescita dello 0,5% di Pil l’anno”.

“Serve una nuova cultura generale sull’acqua, a tutti i livelli, dalle istituzioni ai cittadini. L’acqua è un diritto universale, deve essere accessibile per tutti, non sprecata e una volta utilizzata va recuperata – osserva il presidente di Utilitalia, Giovanni Valotti nelle conclusioni del Festival.  Abbiamo tre livelli di responsabilità: la politica, la regolazione, la gestione. La politica nazionale deve disegnare una Strategia idrica nazionale, come fatto per l’energia. La politica locale deve rendere fluido il processo come non sempre è accaduto negli ultimi 20 anni. Molti dei gravi problemi del Mezzogiorno derivano dalla non applicazione di leggi già esistenti, che prevedono gestione del ciclo idrico su scala almeno provinciale e presenza di un gestore unico per ambito. La seconda leva, la regolazione: deve spingere i gestori verso efficienza e qualità a beneficio dei cittadini. Le autorità pubbliche e non le imprese determinano il prezzo dell’acqua. Più i gestori sono efficienti, più basse saranno le tariffe. Infine la gestione, le nostre aziende. La sfida dell’efficienza comporterà il raggiungimento di dimensioni minime significative, capaci di assicurare economie di scala, forza finanziaria per sostenere gli investimenti e competenze tecniche manageriali per realizzarle concretamente. Serve una logica industriale per uscire dall’emergenza. Serve come ha suggerito il Ministro De Vincenti una “Industria 4.0 dell’acqua”.

Sul merito delle tariffe Valotti ha concluso: “Le tariffe non saranno mai in grado di pagare in modo integrale gli investimenti, ma possono e devono garantire flussi di cassa che consentano alle aziende di ricorrere al credito, di dimostrare la bancabilità dei progetti”.

Il Festival dell’acqua è patrocinato dal MINISTERO DELL’AMBIENTE, dal MINISTERO DELLA COESIONE TERRITORIALE E MEZZOGIORNO, dalla REGIONE PUGLIA, dal COMUNE DI BARI, da UNESCO Wwap, dalle maggiori associazioni mondiali ed europee del settore (IWA International Water Association ed EUREAU) e da Apulia Film Commission il Festival è realizzato grazie al coinvolgimento dell’UNIVERSITA’ DI BARI “Aldo Moro” (sede principale del Festival), di Legambiente Puglia, dell’Accademia delle Belle Arti, della Biblioteca Nazionale di Bari e dell’Associazione Idrotecnica Italiana.
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