Autori: Emanuela Cartoni, Direttore Area Acqua di Utilitalia; Marco Gatta, Tecnico Area Acqua Utilitalia; Laura Del Greco, Ex- Tecnico Area Acqua Utilitalia

Il livello di qualità del Servizio Idrico Integrato è strettamente legato alla disponibilità di infrastrutture efficienti, per questo il livello degli investimenti è un indicatore fondamentale. In particolare assume rilievo il confronto tra gli investimenti realizzati ed il reale fabbisogno.

Da uno studio effettuato da Utilitalia risulta che gli investimenti realizzati nell’anno 2014 in Italia per il Servizio Idrico Integrato sono pari a 1,8 miliardi di euro corrispondenti a 34 €/abitante/anno. Dai grafici e dalla tabella di seguito riportati si rileva un incremento degli investimenti realizzati rispetto al precedente anno. Tuttavia persiste l’indicazione di una loro disomogenea distribuzione a livello di macro-area per cui a fronte di valori di 36 e di 42 €/abitante/anno rispettivamente per il nord ed il centro Italia, emerge il valore assai contenuto di 22 €/abitante/anno per il sud.

tab Gatta

Lo studio di Utilitalia è stato effettuato su un campione consistente di gestori del Servizio Idrico Integrato che in termini di popolazione servita dall’acquedotto copre il 50% della popolazione residente in Italia. L’estensione a livello nazionale tiene conto di una riduzione dovuta alla presenza di gestioni in economia, non rientranti nel campione analizzato.

Il fabbisogno di investimenti in percentuale del PIL è stato stimato da OECD per i paesi più industrializzati (High Income Countries, es. UK e USA) in un range che varia tra 0,35% e 1,2%. I valori più bassi del range sono associabili all’Italia e coincidono con le stime che individuano il fabbisogno per l’Italia pari a valori superiori a 80 €/abitante/anno che significa un ammontare di investimenti annui superiore a 5 miliardi €/anno.

Ciò significa che ogni anno, qualora nei prossimi anni venissero confermati i livelli di investimenti realizzati per l’anno 2014, il gap infrastrutturale continuerebbe ad amplificarsi con un ritmo superiore a 3 miliardi di euro l’anno, con gravi ripercussioni sul livello di qualità del servizio.

E’ quindi necessaria una forte accelerazione per gli investimenti.

Del resto questo è già evidente dall’analisi della situazione infrastrutturale attuale che deriva da insufficienti investimenti nel passato. Nel settore fognario depurativo la carenza/assenza di infrastrutture ha dato luogo a procedure di infrazione che stanno per trasformarsi in sanzioni effettive. Gli italiani direttamente o indirettamente potrebbero pagare un importo annuo superiore al 10% degli investimenti, senza avere un servizio corrispondente in cambio. Inoltre da un’indagine ISTAT del 2014 sull’anno 2012 emerge che gli impianti di depurazione esistenti presentano una estrema frammentazione con prevalenza di impianti di piccola dimensione (più di 18.000 impianti di cui il 92% di dimensioni inferiori a 10.000 AE). Il che comporterebbe ulteriori investimenti per una loro razionalizzazione.

Anche gli acquedotti presentano una elevata frammentazione da un punto di vista dimensionale. Inoltre l’età di queste opere è molto elevata. Ma il dato che dovrebbe destare l’attenzione è il trend di crescita dell’età di questi impianti. I dati ISTAT 2014 sulle perdite idriche presentano valori in crescita tra il 2008 e il 2012 che passano dal 32% al 37% come riportato nel seguente grafico:

Il dato ISTAT va valutato con attenzione, si tratta di perdite percentuali rispetto al volume immesso in rete. Per prima cosa è da sottolineare che nel corso del tempo si è registrato un sempre maggior affinamento della misura delle perdite di rete sia da parte degli operatori che da parte dei sistemi di rilevamento. Inoltre nel dato sono comprese le perdite apparenti, che potrebbero essere rilevate con metodi di stima differenti. Infine le perdite aumentano con la riduzione del consumo (che ha presentato un trend medio di calo negli ultimi anni) e questo influisce in particolare sull’indicatore delle perdite percentuali rispetto al volume immesso in rete.

Ciò nonostante, considerando tutte le cautele del caso, il trend crescente delle perdite di rete è molto evidente e da questo se ne deduce un forte invecchiamento delle opere.

Se da una parte va tributato il giusto riconoscimento all’Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico per il determinante contributo alla stabilità, che ha permesso di rafforzare la sicurezza del quadro regolatorio di settore in un’ottica di condizioni favorevoli agli investimenti, dall’altra è necessario rilevare che la metodologia tariffaria attuale sembra insufficiente per poter impartire quella brusca accelerazione necessaria a portare il livello di investimenti dal valore attuale a quello del suo fabbisogno a regime.

A ciò si aggiunga che anche il valore a regime del fabbisogno indicato da OECD potrebbe rivelarsi insufficiente se si volessero considerare gli ulteriori investimenti, attualmente non chiaramente inclusi nel SII, come ad esempio quelli legati alla gestione delle acque meteoriche, nello specifico la gestione delle caditoie e delle fognature bianche.

Alcune aziende idriche, che hanno già fatto una stima dei costi di questa tipologia di investimento, segnalano che, se si dovessero anche includere gli ulteriori interventi legati al deflusso superficiale urbano, gli attuali investimenti a carico del servizio idrico quantomeno raddoppierebbero.

A riprova di questo una recente indagine di ANEA conferma che allo stato attuale i servizi di gestione delle acque bianche e di gestione delle caditoie sono finanziati rispettivamente solo per il 17% e per il 12% dei casi con la tariffa del Servizio Idrico Integrato come risulta dai seguenti grafici.

Per quanto detto si rendono improcrastinabili una serie di modifiche essenziali della metodologia tariffaria che possano imprimere una svolta al settore idrico.

In primo luogo è fondamentale valorizzare gli oneri finanziari in modo tale che il settore idrico, nonostante la sua intrinseca rischiosità, possa attrarre i finanziamenti necessari agli investimenti almeno al pari degli altri settori dei servizi pubblici locali come ad esempio il settore energia.

Inoltre è di primaria rilevanza l’eliminazione del tetto all’incremento tariffario per alcune tipologie di spesa, in particolare quelle per specifiche categorie di investimento e quelle legate ai conguagli tariffari. Tutta una serie di investimenti andrebbero privilegiati ed accelerati per modernizzare il settore, tra questi si ricordano gli investimenti nel settore fognario depurativo per il superamento delle procedure di infrazione comunitarie, gli investimenti legati all’efficienza energetica e all’innovazione tecnologica e per la riduzione delle perdite idriche.

Per quanto riguarda i conguagli si deve rimarcare che questi si riferiscono prevalentemente a errori previsionali nella scelta dei volumi (generalmente dovuto al calo che si registra nei consumi) o a ritardate approvazioni tariffarie, che hanno solo rimandato un insieme di costi, già validati e dovuti, al futuro gravando ulteriormente il confronto con il tetto massimo degli anni successivi. Questi conguagli non fanno altro che accumularsi negli anni saturando l’incremento massimo annuale.

Infine ulteriori risorse potrebbero derivare dall’introduzione di un sistema di incentivazione della qualità tecnica che si potrebbe collegare alle componenti perequative (UI2) recentemente introdotte con il metodo tariffario idrico per il secondo periodo regolatorio. Chiaramente questo sarebbe possibile solo con l’avvio di uno stretto dialogo tra l’Autorità e gli operatori del settore finalizzato all’individuazione univoca delle grandezze tecniche, delle procedure per la loro misura e del sistema di incentivazione elementi essenziali per confronti omogenei tra gestori.

Sicuramente le modifiche alla metodologia tariffaria proposte avrebbero un impatto in tariffa, tuttavia questo dovrebbe essere mediamente più che sostenibile considerando il livello delle attuali tariffe idriche in Italia. E’ chiaro che le fasce deboli della popolazione, già attualmente in difficoltà, potrebbero risentirne, ma questi effetti potrebbero essere completamente compensati con l’attuazione di una politica di rimodulazione delle tariffe in funzione del reddito (tariffe sociali), applicando metodi analoghi a quelli già messi in pratica nel settore dell’energia (bonus gas, bonus elettrico…)

In conclusione la scelta di prendere questi provvedimenti è cruciale per evitare di rimandare alle generazioni future il carico dei conguagli e delle spese che non si vuole sostenere ora. Viceversa rimandare significherebbe ripetere gli stessi errori politici fatti nel passato, che hanno creato l’attuale deficit infrastrutturale, con la differenza che, sommando a questo ulteriori costi di nostra competenza renderemo assai più gravoso il compito per le generazioni future.

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