Autore: Cesare Lanna, Dirigente amministrativo presso l’Autorità di bacino dei fiumi dell’Alto Adriatico

INTRODUZIONE

La progressiva produzione di strumenti di tutela connessi al governo delle acque, ciascuno dei quali foriero di specifiche discipline legate su diversa scala all’assetto idrico, idraulico e geologico del territorio, ha trovato sfondo nel composito quadro definitorio che la Corte costituzionale ha fin qui delineato in ordine alla materia ambientale.

L’esigenza di una nozione giuridica di ambiente e di una sua precisa collocazione all’interno del sistema di competenze costituzionalmente ripartito, sia prima che dopo la revisione operata con legge costituzionale n. 3/2001, ha storicamente costituito e tuttora costituisce terreno di disputa tra Stato e Regioni in relazione all’estensione dei rispettivi ambiti di intervento[1].

A ciò deve aggiungersi che il conferimento delle funzioni amministrative legate alla gestione delle acque, patisce l’estrema settorializzazione che caratterizza la conoscenza in materia, venendo per ciò esse distribuite su più livelli di competenze a cui corrispondo altrettanti centri di imputazione tecnica e giuridica.

Il quadro che emerge è quello di un’attività di governo che risponde all’esigenza di tutela del territorio, sotto il profilo del regime quali-quanitativo delle acque, con un alto grado di conoscenze specialistiche ma con una disseminazione delle stesse all’interno di strutture organizzative chiamate ad esplicare la propria azione in un contesto funzionale frastagliato e di difficile coordinamento.

Al centro di tale complessa articolazione, di natura burocratica quanto scientifica, si collocano le funzioni di pianificazione legate alle acque.

I molteplici strumenti che ne costituiscono espressione assommano diverse criticità. Presentano una diversificata attribuzione in ordine ai soggetti competenti alla loro definizione; esprimono discipline funzionalmente connesse, laddove non dipendenti l’un l’altra, seppur preposti al raggiungimento di obiettivi materialmente distinti; hanno necessariamente ad oggetto ambiti geografici che quasi mai corrispondono ai confini politici-amministrativi degli enti territoriali-locali presenti sul territorio, intersecando ed oltrepassando i relativi perimetri istituzionali.

Di tali strumenti e della loro problematica interrelazione, tanto sotto il profilo della titolarità quanto sotto quello contenutistico, si cercherà di operare una sintetica ricognizione, analizzando, infine, il “caso” del piano di bacino distrettuale (con particolare riferimento al distretto idrografico delle Alpi Orientali), strumento attorno al quale il legislatore ha inteso riunificare il governo delle acque coordinando, in senso unitario, le discipline di settore poste sul territorio dai diversi soggetti chiamati ad operare nella materia.

[1] Non pare incauto prevedere che tale contenzioso sia destinato a confermarsi anche nello scenario di riforma prospettato dal testo di legge costituzionale recante: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 15 aprile 2016, n. 88. Il testo di legge (che sarà sottoposto il prossimo autunno a referendum confermativo per la richiesta di un quinto dei membri della Camera dei deputati a seguito dall’approvazione avvenuta, in seconda votazione, con una maggioranza inferiore ai due terzi dei componenti di Camera e Senato), prevede da una parte la conferma della materia ambientale tra quelle in cui lo Stato legifera in via esclusiva e dall’altra la soppressione delle materie di legislazione concorrente che, in diversi casi, si intrecciano in maniera pressoché inestricabile con gli interessi legati alla tutela ambientale. Così è, ad esempio, per il “governo del territorio” che il vigente articolo 117, comma tre, fa rientrare nelle materie di competenza concorrente e che nel testo di riforma costituzionale ricade tra le materie in cui lo Stato ha legislazione esclusiva con la dizione “disposizioni generali e comuni sul governo del territorio”.

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