Autore: Danilo Scerbo - Dirigente Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del 19 aprile 2016 è entrato in vigore il decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, recante  Attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture”.

Si tratta del nuovo testo unico dei contratti pubblici in recepimento delle citate Direttive n. 2014/UE/23, 2014/UE/24 e 2014/UE/25, destinato a mandare in soffitta dopo 10 anni il decreto legislativo n. 163 del 2006 e tutta una serie di disposizioni normative ad esso collegate.

Dopo il preliminare esame in Consiglio dei Ministri  il 3 marzo 2016,  il testo ha espletato tutti i passaggi successivi previsti per l’approvazione dei decreti delegati (Commissioni parlamentari, Conferenza Unificata, parere del Consiglio di Stato ) ed è stato approvato in via definitiva entro il termine previsto per il recepimento delle citate direttive UE (18 aprile 2016), termine oltre il quale in assenza del recepimento le medesime direttive avrebbero avuto immediata applicazione.

In questo lavoro si svolgeranno alcune considerazioni di carattere generale, per poi approfondire in contributi successivi le principali novità del nuovo testo e singoli aspetti che rivestono particolare interesse. In primo luogo va sottolineato il nuovo impianto complessivo della delicata materia dei contratti pubblici che, nell’assetto definitivo, si baserà esclusivamente sul codice quale unico riferimento normativo e senza un rimando generalizzato al regolamento di attuazione.

Dopo oltre un secolo quindi, almeno per quanto riguarda il settore dei lavori pubblici, sparisce lo strumento regolamentare, tradizionalmente dedicato alle disposizioni attuative e di dettaglio rispetto alle previsioni legislative e utilizzato come essenziale punto di riferimento per gli operatori del settore, soprattutto per la concreta disciplina delle attività di cantiere. Il decreto legislativo n. 50/2016 prevede infatti l’abrogazione, oltre che del decreto legislativo n. 163 del 2006, anche del d.P.R. n. 207/2010.

In realtà è previsto che molte parti del d.P.R. n. 207 del 2010 continuino ad applicarsi in via transitoria, fino all’adozione di tutta una serie di atti e provvedimenti amministrativi. La novità è che a regime la disciplina di dettaglio viene demandata a fonti non aventi natura di regolamento governativo. In linea con tale assetto, le parti del d.P.R. n. 207/2010  ancora applicabili in via transitoria saranno abrogate dalla data di entrata in vigore degli atti attuativi del codice, i quali dovranno operare la ricognizione delle disposizioni del medesimo d.P.R. da essi sostituite.

Il corpo normativo dedicato alla disciplina dei contratti pubblici passa quindi da circa 600 articoli del precedente sistema codice-regolamento, ad un unico testo di circa 200 articoli. È chiaro l’intento del legislatore del 2016: affidarsi al testo normativo di base, lasciando alla regolazione il compito di dettare quelle disposizioni integrative e di dettaglio che possono aiutare ad orientare gli operatori del settore.

Si tratta senza dubbio di una scelta innovativa, che risponde sicuramente ad una logica di semplificazione, recependo in proposito i criteri direttivi della legge delega n. 11 del 28 Gennaio 2016. La scelta del legislatore delegato, inoltre, ha il pregio di superare il rigido impianto codice-regolamento che negli ultimi anni è stato messo a dura prova dal susseguirsi: da un lato di provvedimenti normativi di riforma, la cui frequenza ed entità ha finito per stravolgere molti istituti del codice, nel tentativo di adeguare la normativa sui contratti pubblici al rapido mutamento del contesto economico e sociale; dall’altro di una consistente quantità di pronunce giurisdizionali, peraltro spesso non conformi tra di loro, che hanno portato nella migliore delle ipotesi ad un rallentamento delle attività delle stazioni appaltanti o ad una vera propria paralisi delle stesse.

Il nuovo impianto si basa dunque sul codice e sull’emanazione di atti di indirizzo e linee guida di carattere generale, adottati dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti su proposta dell’autorità nazionale anticorruzione-ANAC, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari. L’obiettivo concreto è quello di intervenire tempestivamente, man mano che si procede con l’applicazione delle nuove norme, correggendo situazioni che possono portare ad effetti negativi sull’attività delle stazioni appaltanti e/o degli operatori economici, con una rapidità e flessibilità operativa che in passato erano impedite dal rigido percorso procedurale di modifica del regolamento, per cui, vista la concreta difficoltà di intervenire sul d.P.R. n. 207/2010, si preferiva operare direttamente sul codice, con il risultato di affastellare modifiche normative a ripetizione non seguite da una analoga revisione delle disposizioni attuative.

Come già avvenuto all’epoca del decreto legislativo n. 163/2006, alcune disposizioni di dettaglio, contenute nel regolamento, sono state elevate al rango di norma primaria ed inserite direttamente nel decreto legislativo. Per il resto, invece, si rimanda ad atti di indirizzo generale con funzioni di regolazione e a singoli provvedimenti attuativi di natura amministrativa, la disciplina di tutte quelle attività operative e di dettaglio prima lasciate alla cura del regolamento.

Occorre domandarsi, tuttavia, se il nostro ordinamento è pronto ad un simile scenario. Non c’è bisogno di ricorrere a statistiche ufficiali per affermare che il settore dei contratti pubblici assorbe un notevole contenzioso, rappresentativo della percentuale maggioritaria dell’intero contenzioso amministrativo. Partendo da un contesto del genere, il nuovo impianto delineato dal legislatore delegato appare una sfida importante: riuscire a rendere la materia dei contratti pubblici più snella e semplificata, in modo che le imprese si concentrino sulla realizzazione delle opere (o dei servizi e forniture), piuttosto che sui ricorsi giurisdizionali e aiutando le stazioni appaltanti a sbagliare sempre meno, evitando che ogni ufficio contratti debba trasformarsi in un attrezzato studio legale nonché in uno studio di dottori commercialisti.

Nell’affrontare questa sfida un elemento decisivo è rappresentato dai provvedimenti amministrativi cui il nuovo codice fa rinvio per l’attuazione concreta di numerose fattispecie. Come evidenziato dal Consiglio di Stato, ne sono previsti circa 50:
16 decreti del Ministro delle infrastrutture e trasporti;
 15 atti dell’ANAC;
 4 d.P.C.M.;
 15 decreti di altri Ministri;
1 atto demandato a Consip e altre centrali di committenza.

E’ evidente che il successo della riforma dipenderà dalla capacità dei soggetti competenti di porre mano con celerità a tali provvedimenti, coordinandosi circa i tempi e le modalità di adozione ed entrata in vigore degli stessi, evitando il più possibile soluzioni di continuità  nella disciplina di delicati aspetti dell’intera materia contrattuale. Coerentemente con questa sfida il nuovo codice prevede l’istituzione di una Cabina di regia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri con il compito tra l’altro di:  effettuare una ricognizione sullo stato di attuazione del codice e sulle difficoltà riscontrate dalle stazioni appaltanti in fase applicativa, anche al fine di proporre eventuali soluzioni correttive e di miglioramento; 
 curare la fase attuativa del codice coordinando l’adozione di decreti e linee guida, nonché la loro raccolta in testi unici integrati, organici e omogenei, al fine di assicurarne la tempestività e la coerenza reciproca;
 esaminare le proposte di modifiche normative nella materia disciplinata dal codice al fine di valutarne l’impatto sulla legislazione vigente, garantendo omogeneità e certezza giuridica.

Nella stessa direzione vanno le disposizioni che disegnano un nuovo ruolo dell’ ANAC, che va sempre più trasformandosi acquisendo una forte connotazione regolatoria, che si affianca ai compiti di vigilanza. Nel disegno complessivo del legislatore delegato, a fronte delle nuove disposizioni sulla “governance’’ della delicata e complessa materia dei contratti pubblici vengono potenziati i rimedi alternativi alla tradizionale tutela giurisdizionale.

Vengono introdotte nuove disposizioni per per il giudizio amministrativo nella materia dei contratti, si introduce l’Accordo bonario anche per forniture  e servizi e viene prevista la possibilità di costituire un Collegio consultivo tecnico, con funzioni di assistenza per la rapida risoluzione delle dispute di ogni natura suscettibili di insorgere nel corso dell’esecuzione del contratto stesso.

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